Durante competizioni sportive (o durante gli allenamenti) troppo spesso assistiamo ad infortuni muscolari dove l’atleta si blocca (per esempio durante un’accelerazione in avanti , cambio di direzione repentino o dopo un salto) senza contrasto con l’avversario. Quando un’atleta “si fa male da solo” sorgono numerosi interrogativi sulla qualità ed efficacia della preparazione fisica troppo spesso indirizzata ad uno sviluppo indiscriminato del trofismo muscolare e più difficilmente rivolta ad un esame posturale e piano di lavoro differenziato per ciascun atleta. In realtà l’infortunio muscolare rappresenta, a mio avviso, solo la punta dell’ iceberg poiché prima dell’infortunio quell’atleta, se valutato in maniera opportuna, avrebbe probabilmente evidenziato alti livelli di rigidità della muscolatura.
Nella preparazione che precede l’attività agonistica la fase preventiva e di ottimizzazione delle potenzialità agonistiche del singolo atleta viene troppo spesso ignorata. Quasi sempre veniamo consultati dopo l’infortunio spesso constatando livelli di flessibilità, mobilità articolare e rigidità muscolare estremamente ridotti.
Appare evidente che l’aumento degli impegni agonistici, dell’intensità delle gare, e stress possano aumentare il numero di infortuni. In questi anni sono aumentati i laboratori e gli ausili tecnologici nel tentativo monitorare la situazione attraverso varie misurazioni e valutazioni. Tuttavia nella programmazione si deve decidere COSA fare per la prevenzione e anche cosa sarebbe meglio EVITARE nel piano di allenamento, per limitare sensibilmente gli infortuni migliorando altresì la performance dell’atleta.
Ogni carico di allenamento di tipo dinamico dal punto di vista anatomo-fisiologico, biochimico e strutturale non può considerarsi efficace a tutti i livelli, poiché la rigidità muscolare e la possibilità di infortunarsi tendono ad aumentare in modo direttamente proporzionale all’intensità del carico proposto.
Difficilmente la formazione dei preparatori (orientati a pianificare l’allenamento dal punto prettamente atletico) comprende una rieducazione posturale globale. Negli ultimi anni, tuttavia, i preparatori hanno aumentato l’interesse verso le metodologie posturali (seguendo specifici seminari )ed inserito queste tecniche nei loro piani di lavoro, molta spesso riprogrammando parte delle attività dinamiche in funzione di un equilibrio tra trofismo, mobilità articolare e flessibilità.
Il singolo atleta diventa estremamente collaborativo dopo l’infortunio in funzione del ritorno alle gare. E’ auspicabile, invece,un’ attività compensativa individuale per tutta la stagione agonistica preceduta da uno screening posturale a tutta la squadra già dal precampionato.
Nella preparazione che precede l’attività agonistica la fase preventiva e di ottimizzazione delle potenzialità agonistiche del singolo atleta viene troppo spesso ignorata. Quasi sempre veniamo consultati dopo l’infortunio spesso constatando livelli di flessibilità, mobilità articolare e rigidità muscolare estremamente ridotti.
Appare evidente che l’aumento degli impegni agonistici, dell’intensità delle gare, e stress possano aumentare il numero di infortuni. In questi anni sono aumentati i laboratori e gli ausili tecnologici nel tentativo monitorare la situazione attraverso varie misurazioni e valutazioni. Tuttavia nella programmazione si deve decidere COSA fare per la prevenzione e anche cosa sarebbe meglio EVITARE nel piano di allenamento, per limitare sensibilmente gli infortuni migliorando altresì la performance dell’atleta.
Ogni carico di allenamento di tipo dinamico dal punto di vista anatomo-fisiologico, biochimico e strutturale non può considerarsi efficace a tutti i livelli, poiché la rigidità muscolare e la possibilità di infortunarsi tendono ad aumentare in modo direttamente proporzionale all’intensità del carico proposto.
Difficilmente la formazione dei preparatori (orientati a pianificare l’allenamento dal punto prettamente atletico) comprende una rieducazione posturale globale. Negli ultimi anni, tuttavia, i preparatori hanno aumentato l’interesse verso le metodologie posturali (seguendo specifici seminari )ed inserito queste tecniche nei loro piani di lavoro, molta spesso riprogrammando parte delle attività dinamiche in funzione di un equilibrio tra trofismo, mobilità articolare e flessibilità.
Il singolo atleta diventa estremamente collaborativo dopo l’infortunio in funzione del ritorno alle gare. E’ auspicabile, invece,un’ attività compensativa individuale per tutta la stagione agonistica preceduta da uno screening posturale a tutta la squadra già dal precampionato.