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Calcio e Metodologie Posturali

La patologia della muscolatura è da sempre stata identificata solo con la debolezza. Con i professionisti parlare di debolezza della muscolatura può apparire paradossale in quanto questi atleti sono impegnati, tutto la stagione agonistica, in un lavoro di rafforzamento che comporta evidenti masse muscolari ed un trofismo tuttavia non sempre adeguato alla performance richiesta da quel determinato sport.

In questi anni di studi ho cercato di dimostrare come un ruolo determinante venga esercitato dall’estendibilità muscolare che è inversamente proporzionale alla rigidità della muscolatura.Per esempio, calciatori poco flessibili difficilmente calciano e corrono in maniera efficace, quando compiono gesti tecnici evidenziano compensi dinamici estremamente significativi. Quando si programma un rafforzamento muscolare, se viene trascurata la rigidità muscolare si rischia di creare più danni che benefici sul piano funzionale (in quanto si limita la prestazione) e si incrementa la possibilità di infortuni, non solo nell’arco della stagione, ma anche per gli anni successivi. Alla fine di una corsa i muscoli antagonisti si attivano per frenare l’arto accelerato dalla contrazione degli agonisti. Quando il calciatore sposta un carico producendo la massima potenza, la forza e la velocità del movimento saranno entrambe piuttosto elevate, ragion per cui l’attività che gli antagonisti dovranno sviluppare sarà necessariamente notevole.

Quando il calciatore professionista subisce un infortunio ai muscoli posteriori della coscia credo che difficilmente si possa parla di “debolezza” della muscolatura. Infatti la catena muscolare posteriore (che in termini tecnici viene definita “fascia”) è principalmente tonica. La muscolatura tonica è una muscolatura lenta, la sua funzione principale è quella di garantire la statica. Essendo riflessa la patologia della muscolatura tonica NON può essere la debolezza ma l’accorciamento muscolare…..
La logica vorrebbe che prima di procedere ad un lavoro di potenziamento della muscolatura anteriore (quadricipite) si iniziasse con un programma di allungamento globale della catena muscolare posteriore.
Se devo allungare un elastico in modo efficace devo tirare le due estremità. La catena muscolare posteriore rappresenta una sorta di “catena” ininterrotta dalla testa ai piedi. Il muscolo (o meglio la fascia) quindi non va considerato un’entità isolata nel nostro corpo, ma è legato ad altri muscoli in maniera inseparabile, pertanto un allungamento di una parte si ripercuote inevitabilmente sull’altra.
Lavori analitici di stretching (esempio prima per il polpaccio, poi per il quadricipite, ecc.) non fanno che mettere in evidenza (per chi possiede competenze specifiche) “compensi” da un’altra parte del corpo, senza riuscire a modificare la “qualità” del muscolo.
Alcuni preparatori sono rimasti legati ad una concezione analitica del corpo come se lo stesso fosse costituito da “mattoncini della Lego”: ogni parte indipendente dall’altra.
In anni passati la ginnastica tradizionale prevedeva esercizi “settoriali”: prima per gli arti inferiori, poi per il pettorali, dorsali ecc.

A mio avviso questa impostazione ha dei grandi limiti che si evidenziano non solo quando il calciatore subisce degli infortuni muscolari, ma anche nelle sue capacità motorie e tecniche (corsa e tiro in modo particolare).
Allenatori professionisti e preparatori continuano a ripetermi che bisogna cambiare la mentalità dei calciatori ed aumentare i tempi di allenamento (vedi doppia seduta giornaliera).
I  calciatori professionisti rappresentano un patrimonio per la società, pertanto lo staff tecnico e medico dovrebbe orientarsi verso un lavoro di posturologia, in modo particolare quando aumentano gli impegni agonistici e si vogliono migliorare i tempi di recupero.

Carlo Guidi Fabbri “Le Metodologie Posturali nella preparazione fisica del calciatore”. Calzetti-Mariucci ed.