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Metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore

Questo articolo rappresenta una sintesi del mio nuovo volume edito da Calzetti-Mariucci: “Le Metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore” che vuole approfondire l’analisi della postura del calciatore e delle varie tecniche atte a migliorare l’estendibilità muscolare prevenendo infortuni dei muscoli, ma anche fenomeni di pubalgia e lombalgia.
Troppo frequentemente osserviamo infortuni muscolari che evidenziano, molto spesso, il precario equilibrio tra trofismo ed estendibilità muscolare.
Catene muscolari
Da sempre la preparazione atletica ha cercato di incrementare la forza ed in modo particolare la forza esplosiva del calciatore. L’utilizzo di macchine di muscolazione ha comportato il rafforzamento di singoli gruppi muscolari senza riuscire, tuttavia, a migliorare in modo ottimale la performance dell’atleta, anzi aumentando il rischio di lesioni muscolari.
Quando si opera con un gruppo di calciatori è necessario prevedere un esame obiettivo (1) in modo da evidenziare (anche attraverso test) quali sono le rigidità muscolari del singolo calciatore
tenendo conto delle catene muscolari. “Le catene muscolari rappresentano circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si propagano le forze organizzatrici del corpo”. (2)
I muscoli non agiscono come entità isolate nello spazio ma come “circuiti di continuità” attraverso i quali è possibile indagare su eventuali compensi e, quindi, agire per migliorare la funzione ed il gesto tecnico. È necessario rivedere un piano di allenamento programmato sul rafforzamento analitico di alcuni gruppi muscolari poiché troppo distante da una visione del corpo globale. Le catene muscolari statiche e dinamiche agiscono in sinergia per una perfetta riuscita della performance ma anche per garantire l’equilibrio psicofisico del calciatore e limitare gli aspetti traumatici e compensativi specifici di questa disciplina sportiva. (3) La catena statica posteriore è costituita da aponeurosi, guaine, legamenti, tendini cioè da tutta quella struttura connettiva, che si trova nella parte posteriore del corpo e che sul piano funzionale fa parte di un’unica fascia.
Si possono distinguere diverse catene muscolari che intervengono nei vari gesti tecnici. Ad esempio le catene crociate assicurano movimenti di torsione, pertanto diventano indispensabili a livello del tronco quando l’atleta calcia la palla con forza e una spalla va verso l’anca opposta.Il calciatore utilizza costantemente le catene muscolari poiché si deve adattare, da un punto di vista dinamico, ad una situazione di gioco, che istante per istante cambia.La muscolatura del calciatore
Negli anni passati, ma purtroppo in molte squadre ancora oggi, la preparazione fisica rivolta al calciatore (oltre alla resistenza ed alla velocità) ha privilegiato l’allenamento della forza intesa come rafforzamento dei gruppi muscolari. In modo particolare è stato privilegiato il rafforzamento di quei gruppi muscolari che intervengono come agonisti nel gesto tecnico, soprattutto il quadricipite. Il rafforzamento muscolare rivolto ad un aumento della potenza e, quindi ad una migliore efficacia tecnica (almeno teoricamente) ha comportato, in molti casi, il risultato di aumentare lo stiffness (rigidità della muscolatura) riducendo la mobilità articolare e aumentando la possibilità di infortuni nell’arco della stagione agonistica. Nei casi di dolori al rachide molto spesso si opta, erroneamente, per un lavoro di rafforzamento. In realtà dall’esame di questi calciatori si riscontrano muscoli paravertebrali estremamente contratti che non smettono mai di lavorare. Un muscolo contratto costantemente evolve in strutture che rispondono meglio a questo lavoro cioè le strutture fibrose. A tale proposito ricordiamo che il muscolo è composto da due parti differenti, ma funzionalmente inseparabili:
1) dagli elementi contrattili, cioè i sarcomeri;
2) dall’insieme di connettivo fibroso di aponevrosi, tendini, legamenti,
cioè la parte elastica.
Il grande errore della ginnastica classica, è stato quello di identificare la patologia di un muscolo con la sua debolezza, ignorando quindi il tessuto connettivo. È necessario, infatti, distinguere la muscolatura dinamica dalla muscolatura tonica. La prima è una muscolatura rapida ed affaticabile a servizio dei gesti della vita quotidiana ma anche dei gesti tecnici del calciatore. Il suo trattamento è classico: sviluppo della forza, quindi esercizi di trofismo (tenendo conto delle rigidità muscolari individuali). La muscolatura tonica invece, è una muscolatura lenta; la sua funzione principale è quella di garantire la statica. È poco affaticabile e il suo agente meccanico è il riflesso miotatico. Essendo riflessa la patologia della muscolatura tonica non è mai identificabile con la debolezza, ma con l’accorciamento e con la retrazione. (4)

Il tiro nel calcio
Quello del tiro rappresenta un gesto tecnico fondamentale nel bagaglio tecnico di un calciatore. Sembra tuttavia che il tiro sia determinato quasi esclusivamente dalle capacità coordinative e che nella forza impressa alla palla entri in gioco il trofismo del quadricipite. “Calciare al massimo della potenza richiede sempre un alto livello di abilità, poiché la sommatoria delle forze deve essere applicata abilmente. Ciò vuol dire che la produzione della forza dei  flessori, estensori dell’anca e ginocchio e il momento della produzione di tali forze è corretto. La mobilità delle articolazioni è un prerequisito fondamentale ad una tecnica di tiro ottimale”. (5)
Come ricordava Bosco la mobilità articolare interviene in modo determinante nella perfetta riuscita del gesto tecnico. Bisogna valutare la rigidità dei muscoli della catena posteriore prima di far eseguire esercizi di trofismo per il quadricipite. I muscoli posteriori della coscia (considerati degli “antagonisti” degli estensori della gamba sulla coscia) sono molto spesso (nei calciatori) troppo accorciati, pertanto dopo diverse sollecitazioni possono stirarsi.

Infortuni nel calcio
Troppo spesso assistiamo a partite di calcio dove l’atleta si porta la mano alla coscia posteriore e chiede di essere sostituito. Questo può accadere dopo un tiro potente ma, anche dopo una corsa in accelerazione. Osserviamo tuttavia, che la muscolatura di atleti professionisti è molto trofica pertanto non possiamo certo parlare di debolezza della muscolatura.Dobbiamo constatare che esistono delle retrazioni e degli accorciamenti profondi che possono essere facilmente indagati con alcuni test di flessibilità. L’infortunio che il calciatore si procura correndo o tirando in porta, senza un contrasto con l’avversario, è il risultato di una preparazione fisica analitica che non considera l’essere umano nella sua globalità.

Migliorare l’estendibilità muscolare
Un atleta che ha incrementato in maniera ottimale l’estendibilità muscolare non solo riesce a prevenire questo genere di infortuni, ma produce un gesto tecnico, oltre che una corsa, economico ed efficace.
Purtroppo ancor oggi si ricorre nella preparazione atletica del calciatore ad un uso eccessivo dello stretching classico che non evita i compensi. Infatti un tentativo di stiramento della nuca comporta un’accentuazione della regione lombare. “Un muscolo che si irrigidisce è indissociabile dalla catena muscolare alla quale appartiene. Per allungarlo è indispensabile tirare alle due estremità di questa catena impedendo tutte le compensazioni. Ciò implica che solo stiramenti globali possono essere realmente efficaci”. (6)
Souchard sostiene inoltre che ogni riscaldamento prima dello stiramento è da evitare. Un muscolo “caldo” diventa per qualche istante più elastico (e questo rende provvisoriamente l’allungamento più facile), ma questo ritornerà, raffreddandosi, alla sua lunghezza originale. Pertanto si tratta di un allungamento effimero, a differenza della “messa in tensione globale” della muscolatura (“a freddo”), che permetterà di guadagnare una lunghezza in concreto che si conserverà successivamente.

Le scuole posturali
Nel mio nuovo volume ho trattato, vista la complessità, a grandi linee tre diverse scuole posturali:
– la scuola francese: approccio Mézières, Souchard, Metodo delle tre squadre;
– la scuola australiana: approccio Mc Kenzie;
– la Back school.
La scuola francese rappresenta il lavoro principale sia a livello qualitativo che quantitativo. Il grosso merito del metodo Mézières (ed in modo particolare delle tecniche proposte dai suoi allievi) consiste nel fatto che esercita contemporaneamente un’azione sul muscolo, sul dolore, perché riduce la rigidità muscolare, e sul bloccaggio articolare, che è determinato dal muscolo contratturato. Queste tecniche consentono, con una trentina di sedute a cadenza settimanale, di ottenere buoni risultati con atleti che presentano rigidità alle catene muscolari. Tuttavia si possono proporre alcune posture statiche (come quella classica da supini, gambe a squadra) anche tutti i giorni per 10 minuti. Rimane fondamentale la seduta settimanale di un’ora poiché alcune posture vengono mantenute a lungo (anche 30 minuti per una sola postura). La messa in tensione della muscolatura avviene in maniera lenta e progressiva pertanto si inizia sempre da 10 minuti per poi aumentare, senza mai forzare. Queste posture saranno assunte dal calciatore sotto il controllo costante del preparatore con una partecipazione determinante del soggetto. Le basi tecniche del metodo delle tre squadre si possono sintetizzare in tre concetti:
– tensione;
– progressione;
– rilasciamento.
La tensione fisiologica si può ottenere solo attraverso la postura e deve andare al limite dell’estendibilità muscolare senza superarla. Bisogna quindi rimanere in uno stato fisiologico normale, obbligando il tessuto (la cui tendenza è di ritornare al suo punto neutro di tensione) a vincere le barriere che impediscono questo ritorno.
L’apprendimento delle tre squadre consente di giungere adelle posture ad angolo retto, in cui occipite-scapole-sacro sono allineati. Il grande merito di questo metodo consiste nell’aver distinto tre fasi indispensabili per il preparatore che deve operare attraverso una progressione didattica ben definita: fase passiva, fase attivo-passiva, fase attiva.
La progressione, inoltre, deve rispettare alcuni parametri:
– il tempo;
– la forma della postura;
– il rapporto con il dolore;
– il rapporto con la catena algica.
Quest’ultimo fattore è di primaria importanza, perché il dolore può avere una evoluzione ascendente o discendente. L’atleta che inizia un lavoro per una lombalgia, avrà probabilmente in passato sofferto di una cervicalgia che è la vera causa del problema ed all’origine dell’evoluzione discendente. Il dolore presente in quel momento infatti, è raramente il punto di partenza del problema. In un processo discendente si comincerà quindi da un allineamento sacro-scapole. Viceversa in un processo ascendente si comincerà da un allineamento scapole-occipite. In entrambi i casi si andrà dall’effetto alla causa, dal problema secondario al problema primario, dal compenso alla lesione iniziale. Infine non bisogna trascurare il rilasciamento psico-muscolare. Tutto il lavoro di messa in tensione e tutti gli esercizi devono essere accompagnati da una espirazione cosciente e controllata, andando a ricercare quello che gli autori francesi definiscono un “rilasciamento globale espiratorio”. Questa espirazione non è di facile comprensione, molti atleti si ostinano ad eseguire una espirazione forzata, coinvolgendo così la muscolatura dinamica (gli obliqui). Bisogna allora chiedere al soggetto di non fare altro che un “sospiro espiratorio”, continuando a soffiare fuori l’aria lentamente, anche quando crede di aver terminato l’espirazione. (4)

Calcio e postura
La rieducazione posturale viene utilizzata dal preparatore molto spesso solo per recuperare calciatori infortunati o che soffrono di lombalgia o pubalgia, talvolta recidivanti. (7) Quando si inseriscono invece queste tecniche nella normale programmazione atletica, non bisogna compiere l’errore di paragonarla allo stretching. Quindi non ha molto senso inserire queste metodiche lasciando immutato il programma per lo sviluppo della forza, resistenza e velocità. Sposare questa metodologia significa capire l’importanza della muscolatura tonica, dell’estendibilità
muscolare e della visione del corpo in senso globale.
Continuare con l’utilizzo frequente delle macchine di muscolazione non significa rispettare i principi della ginnastica posturale globale. Le macchine agiscono parzialmente e settorialmente, lavoro che è in netto contrasto con la concezione del corpo della scuola francese. Il continuo rafforzamento dei muscoli principali (cosiddetti agonisti) crea spesso gravi squilibri morfologici e funzionali poiché non vengono adeguatamente rispettate le rigidità e i “compiti degli antagonisti”. In quindici anni di lavoro con atleti, molto spesso ho valutato posture e rigidità muscolari che richiedevano interventi mirati e specifici, a volte del tutto ignorati dagli addetti ai lavori.

Considerazioni
Nel programma di lavoro che comprende tutta la stagione agonistica, è importante individuare dei momenti per inserire le metodologie posturali nel piano delle attività. Da alcuni anni con l’intensificarsi degli impegni agonistici da parte delle società professionistiche, già dal precampionato, i tempi per allenarsi si sono notevolmente ridotti a scapito di un maggior numero di partite ufficiali. Questo ha comportato un sempre maggior numero di infortuni e pertanto l’aspetto preventivo ha trovato uno spazio minore rispetto a quello rieducativo.
L’attività del preparatore è vista, in alcune situazioni, solo in funzione del recupero degli infortunati e l’allenamento del resto della squadra viene svolto parallelamente ma i due binari non si incontrano mai. In questo modo operiamo con calciatori che sono impazienti di tornare con il resto del gruppo e dal punto di vista psicologico soffrono perché non vengono impiegati in gare ufficiali.
Il programma impostato per microcicli settimanali o mensili (che prevedono normalmente lo sviluppo delle capacità condizionali) può riservare uno spazio importante per esercitazioni di “messa in tensione globale” della muscolatura, che migliorano la mobilità articolare indispensabile per la perfetta riuscita di un gesto tecnico fondamentale come il tiro. Il lavoro di “messa in tensione della muscolatura” deve essere diverso da calciatore a calciatore, poiché un medesimo esercizio posturale assume un significato diverso per l’uno rispetto all’altro.Chiaramente questo dipende dalle diverse rigidità delle catene muscolari: in una squadra di venti persone si possono individuare quattro o cinque gruppi omogenei, facendo tuttavia attenzione alla risposta del singolo. Il calciatore diventa estremamente collaborativo quando si infortuna e pertanto è necessario un recupero, mentre quando è “integro” la proposta operativa viene accettata con difficoltà. È auspicabile un’inversione di tendenza che induca gli atleti alla “presa di coscienza” del proprio corpo, per conoscerne i limiti e le possibilità, attraverso tecniche posturali finalizzate al raggiungimento della forma fisica ottimale.

BIBLIOGRAFIA
1. Buzzi A.M. – Guidi Fabbri C., Le metodologie posturali in funzione educativa e rieducativa, Ed. Armando, Roma 1996, 37-8.
2. Busquet L., Le catene muscolari, vol.1, Ed. Marrapese, Roma 1994, 25.
3. Guidi Fabbri C., Le metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore, Ed. Calzetti-Mariucci, Perugia 2005, 31-2.
4. Verkimpe-Morelli, Bienfait, Il metodo delle tre squadre, Ed. Marrapese, Roma 1991, 12-15; 21-8.
5. Bosco C., Aspetti fisiologici della preparazione fisica del calciatore, S.S.S., Roma 1995, 162.
6. Souchard Ph. E., Lo stretching globale attivo. Ed. Marrapese, Roma 1995, 38.
7. Guidi Fabbri C., Italian journal of sport sciences 1997; 4(1), 25-28.
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Infortuni muscolari

Durante competizioni sportive (o durante gli  allenamenti)  troppo spesso assistiamo ad infortuni muscolari dove l’atleta si blocca  (per esempio durante un’accelerazione in avanti , cambio di direzione repentino o dopo un salto) senza contrasto con l’avversario. Quando un’atleta “si fa male da solo” sorgono numerosi interrogativi sulla qualità ed efficacia della preparazione fisica troppo spesso indirizzata ad uno sviluppo indiscriminato del trofismo muscolare e più difficilmente rivolta ad un esame posturale e piano di lavoro differenziato per ciascun atleta. In realtà l’infortunio muscolare rappresenta, a mio avviso, solo la punta dell’ iceberg poiché prima dell’infortunio quell’atleta, se valutato in maniera opportuna, avrebbe probabilmente evidenziato alti livelli di rigidità della muscolatura.

Nella preparazione che precede l’attività agonistica la fase preventiva e di ottimizzazione delle potenzialità agonistiche del singolo atleta viene troppo spesso ignorata. Quasi sempre veniamo consultati  dopo l’infortunio  spesso constatando livelli di flessibilità, mobilità articolare e rigidità muscolare estremamente ridotti.

Appare evidente che l’aumento degli impegni agonistici, dell’intensità delle gare, e stress possano aumentare il numero di infortuni. In questi anni sono aumentati i laboratori e gli ausili tecnologici  nel tentativo  monitorare la situazione attraverso  varie misurazioni e valutazioni. Tuttavia nella programmazione  si deve decidere COSA fare per la prevenzione e anche cosa sarebbe meglio EVITARE  nel piano di allenamento, per limitare sensibilmente gli infortuni migliorando altresì la performance dell’atleta.
Ogni carico di allenamento di tipo dinamico dal punto di vista anatomo-fisiologico, biochimico e strutturale non può considerarsi efficace a tutti i livelli, poiché la rigidità muscolare e la possibilità di infortunarsi  tendono ad aumentare in modo direttamente proporzionale all’intensità del carico proposto.
Difficilmente la formazione dei preparatori (orientati a pianificare l’allenamento dal punto prettamente atletico) comprende una rieducazione posturale globale. Negli ultimi anni, tuttavia, i preparatori hanno aumentato l’interesse verso le metodologie posturali (seguendo specifici seminari)ed  inserito queste tecniche nei loro piani di lavoro, molta spesso riprogrammando  parte delle attività dinamiche in funzione di un equilibrio tra trofismo,  mobilità  articolare e flessibilità. Il singolo atleta diventa estremamente collaborativo dopo l’infortunio  in funzione del ritorno  alle gare. È auspicabile, invece,un’ attività compensativa individuale per tutta la stagione agonistica  preceduta da uno screening posturale a tutta la squadra già dal precampionato.
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Corsa e capacità di accelerazione

Corsa e capacità di accelerazione
di Carlo Guidi Fabbri

Durante una partita di calcio fra professionisti il preparatore e l’allenatore attento potranno
osservare, negli atleti, diversi livelli di capacità di accelerazione e di potenza del tiro.
Preso atto delle diverse morfologie e predisposizioni congenite dei vari atleti(1) rimane da vedere
come agire per migliorare, nei singoli calciatori, alcune importanti capacità motorie:

  • estendibilità muscolare
  • elasticità muscolare
  • mobilità articolare.

Perché i muscoli dei calciatori sono contratti
In mie precedenti pubblicazioni(2) ho già evidenziato come i calciatori si allenano e gareggiano
come se un pilota procedesse con la propria auto con “il freno a mano tirato” ostinandosi ad
aumentare la potenza del motore senza accorgersi di avere un freno (muscoli posteriori).
Inevitabilmente il gioco del calcio predispone l’atleta ad avere muscoli posteriori della coscia e
polpacci molto contratti poiché nella sua corsa (fatta di scatti e cambi repentini di direzione)
raramente si riscontra una estensione completa della gamba sulla coscia(3).
Questo lavoro di semiflessione della gamba sulla coscia fa lavorare in modo costante il quadricipite,
ma i muscoli posteriori dell’arto inferiore finiscono per avere un lavoro qualitativamente più
importante. Infatti il ginocchio tende ad essere meno stabile rispetto alla posizione d’estensione.
Si ottiene, in questo modo, una diminuzione della funzione dei legamenti, compensata dal ruolo
attivo dei muscoli posteriori. Il lavoro di intermittenza ha come risultato quello di valorizzare il
volume dei muscoli e la loro vasomotricità, pertanto i calciatori sviluppano muscoli ischio-crurali
voluminosi, robusti e corti per assicurarsi la stabilità del ginocchio(4).

La potenza è nulla senza controllo
La logica vorrebbe che prima di procedere ad un lavoro di potenziamento della muscolatura
anteriore (quadricipite) si iniziasse con un programma di allungamento globale della catena
muscolare posteriore.
Le catene muscolari rappresentano circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si
propagano le forze organizzatrici del corpo”(5). In pratica se devo allungare un elastico in modo
efficace devo tirare le due estremità. La catena muscolare posteriore parte dall’occipite per arrivare
al tendine d’Achille. Il muscolo quindi non va considerato un’entità isolata nel nostro corpo, ma è
legato ad altri muscoli in maniera inseparabile, pertanto un allungamento di una parte si ripercuote
inevitabilmente sull’altra.
Lavori analitici di stretching (esempio prima per il polpaccio, poi per il quadricipite, ecc.) non fanno
che mettere in evidenza (per chi possiede competenze specifiche) “compensi” da un’altra parte del
corpo, senza riuscire a modificare la “qualità” del muscolo.
Alcuni preparatori sono rimasti legati ad una concezione analitica del corpo come se lo stesso fosse
costituito da “mattoncini della Lego”: ogni parte indipendente dall’altra.
In anni passati la ginnastica tradizionale prevedeva esercizi “settoriali”: prima per gli arti inferiori,
poi per il pettorali, dorsali ecc.
A mio avviso questa impostazione ha dei grandi limiti che si evidenziano non solo quando il
calciatore riporta degli infortuni muscolari, ma anche nelle sue capacità motorie e tecniche (corsa e
tiro in modo particolare).
Nel mio ultimo volume(6) ho evidenziato come la muscolatura del calciatore si comporta in maniera
globale utilizzando le catene muscolari.
Per esempio nel tiro in porta si mettono in moto le cosiddette catene crociate (deputate ai movimenti
di torsione) che vengono in ogni caso sostenute ed aiutate dalle catene posteriori.
Il corpo umano utilizza tutte le sue componenti per ottimizzare il gesto tecnico esattamente come
una squadra che si muove simultaneamente in funzione della tattica che ha programmato.
Pertanto non ha molto senso aumentare il trofismo dei singoli muscoli attraverso le macchine per la
muscolazione (modello analitico), poiché i muscoli vengono coinvolti nel gesto tecnico in modo
assolutamente diverso (modello globale) da come vengono potenziati.

Calciare bene la palla
Nel lancio del giavellotto l’allenatore chiede costantemente all’atleta di portare il più possibile
dietro il braccio per ottimizzare la potenza del lancio.
Come ricordava Bosco(7) nell’atleta che calcia bene la palla vediamo che l’ultimo passo è quello più
lungo nella rincorsa. Infatti la gamba calciante viene portata dietro in modo evidente, mentre nella
fase finale del tiro la gamba viene portata avanti con un ottimo slancio e deve rimanere tesa.
Se durante il tiro riscontriamo frequentemente nei calciatori una semiflessione della gamba sulla
coscia (o un semipiegamento della gamba d’appoggio) questo denota non solo una rigidità dei
muscoli ischio-crurali, ma di tutta la catena posteriore (mettere una vostra foto di un atleta che
calcia).

Togliere “il freno” e mettere il “turbo”
Come dicevo in precedenza se voglio allungare efficacemente un elastico devo tirare alle 2
estremità. Nel corpo le due estremità sono l’occipite e i piedi. Pertanto un lavoro a squadra (vedi
foto) garantisce un allungamento più efficace poiché globale.
Questo “messa in tensione globale” non ha nulla a che vedere con lo stretching i cui limiti sono ben
evidenziati in letteratura scientifica(8).
La Ginnastica Posturale Globale prevede anche posture che vengono mantenute per 30 minuti,
quindi anche i tempi e l’intensità del lavoro sono sostanzialmente diversi.
Una sola seduta a settimana garantisce una progressione didattica efficace.
Ovviamente vista l’intensità del lavoro bisogna adottare una tecnica rigorosa che si adegui
all’esigenza del singolo atleta rispettandone le rigidità, ma anche la risposta (concetto di feed-back).
È il metodo che si adatta alla persona e non viceversa.

Non si tratta solo di prevenzione degli infortuni ma aumentare la potenza.
La scuola francese (Mézières, Souchard, Metodo delle 3 squadre ecc) nasce in contesti rieducativi,
tuttavia in questi 18 anni di lavoro di ginnastica posturale globale ho sperimentato come queste
tecniche possano incidere positivamente su atleti professionisti, ma anche del settore giovanile.
Ho voluto provocatoriamente scrivere che è necessario “togliere il freno a mano” poiché nessun
meccanico aumenterebbe la potenza del motore senza calcolare le resistenze e la capacità di
controllo dello stesso.
Gli infortuni muscolari e il top della prestazione (dal punto di vista fisico) sono a mio avviso da
evidenziarsi sulla stessa scala.
Lo zero corrisponde ad infortunio muscolare mentre il massimo rappresenta il top della condizione.
Il calciatore che durante una gara riporta una distrazione o uno stiramento ai muscoli (senza
contrasto con l’avversario) mentre compie uno scatto o un cambio di direzione, si colloca nella
scala più bassa.
Tuttavia gli atleti che non hanno mai subito infortuni muscolari non necessariamente sono al top
della condizione. La stragrande maggioranza (come evidenziano test di elasticità muscolare) si
colloca a metà della scala.
L’impossibilità di aumentare la capacità di accelerazione e del tiro in porta risiede, a mio avviso, nei
limiti dell’allenamento che predilige la contrazione concentrica (lavoro in accorciamento) a scapito
della “messa in tensione globale” (lavoro eccentrico della muscolatura).
Nessun allenatore manderebbe in campo un calciatore in evidente soprappeso, tuttavia si continua a
far giocare atleti con un elevato grado di rigidità muscolare (stiffness) che non solo sono a rischio di
infortunio, ma non sono preparati per ottenere la massima capacità di accelerazione e forza
esplosiva.
La capacità di accelerazione si collega alla capacità di calciare bene la palla e non sembra
necessitare di muscoli particolarmente “sviluppati”, in ogni caso delle retrazioni e/o degli
accorciamenti muscolari rappresentano dei limiti della capacità di corsa in accelerazione.

Conclusioni
Allenatori professionisti e preparatori continuano a ripetermi che bisogna cambiare la mentalità dei
calciatori ed aumentare i tempi di allenamento (vedi doppia seduta giornaliera).
Credo tuttavia che questa inversione di tendenza debba partire inizialmente dalla società (in quanto i
calciatori professionisti rappresentano un patrimonio) e dallo staff tecnico e medico.
Esame obiettivo e test di valutazione delle rigidità muscolari consentono di evidenziare già dal precampionato
i calciatori con elevati gradi di stiffness.
In realtà i muscoli posteriori non vanno considerati sempre e solo un freno. Nell’azione di tiro in
porta il quadricipite (o meglio la catena anteriore) rappresenta “l’agonista” mentre i muscoli
posteriori (o meglio la catena posteriore) rappresentano gli “antagonisti”.
“L’antagonista” quando è troppo contratto (rigido o retratto) rappresenta un limite, ma è solo la
punta dell’iceberg di un problema più ampio(9).
Dopo un lavoro di “messa in tensione globale” si ottiene un deciso allungamento (in termini di
lunghezza del muscolo) in questo modo i muscoli posteriori non rappresentano più un freno (non
sono veri e propri antagonisti) ma intervengono positivamente nel controllo del movimento e in
tutta l’azione motoria.
Un lavoro mirato e specifico di Ginnastica Posturale Globale (per piccoli gruppi omogenei)
contribuisce in modo determinante a migliorare la performance del calciatore

Note
1 Buzzi A.M.-Guidi Fabbri C. Le metodologie posturali in funzione educativa e rieducativa.
Armando editore Roma 1996.
2 Guidi Fabbri C. Le metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore. Ed. Calzetti-
Mariucci. Perugia 2005.
3 Guidi Fabbri C. Metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore. Notiziario Settore
Tecnico F.I.G.C. N. 3 Anno 2006.
4 Busquet L. Le catene muscolari vol. 1 Ed. Marrapese Roma 1991.
5 Busquet L. Le catene… op. cit.
6 Guidi Fabbri C. Le metodologie… op. cit.
7 Bosco C. Aspetti fisiologici della preparazione fisica del calciatore, SSS Roma 1995.
8 Herbert R.-Gabriel M. Effects of stretching before and after exercising on muscle soreness and
risk of injury: systematic review, British Medical Journal, 2002-325,468-470.
9 Guidi Fabbri C. Infortuni muscolari: la punta dell’iceberg. L’allenatore A.I.A.C. Nov-Dic. 2006