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Corsa e capacità di accelerazione

Corsa e capacità di accelerazione
di Carlo Guidi Fabbri

Durante una partita di calcio fra professionisti il preparatore e l’allenatore attento potranno
osservare, negli atleti, diversi livelli di capacità di accelerazione e di potenza del tiro.
Preso atto delle diverse morfologie e predisposizioni congenite dei vari atleti(1) rimane da vedere
come agire per migliorare, nei singoli calciatori, alcune importanti capacità motorie:

  • estendibilità muscolare
  • elasticità muscolare
  • mobilità articolare.

Perché i muscoli dei calciatori sono contratti
In mie precedenti pubblicazioni(2) ho già evidenziato come i calciatori si allenano e gareggiano
come se un pilota procedesse con la propria auto con “il freno a mano tirato” ostinandosi ad
aumentare la potenza del motore senza accorgersi di avere un freno (muscoli posteriori).
Inevitabilmente il gioco del calcio predispone l’atleta ad avere muscoli posteriori della coscia e
polpacci molto contratti poiché nella sua corsa (fatta di scatti e cambi repentini di direzione)
raramente si riscontra una estensione completa della gamba sulla coscia(3).
Questo lavoro di semiflessione della gamba sulla coscia fa lavorare in modo costante il quadricipite,
ma i muscoli posteriori dell’arto inferiore finiscono per avere un lavoro qualitativamente più
importante. Infatti il ginocchio tende ad essere meno stabile rispetto alla posizione d’estensione.
Si ottiene, in questo modo, una diminuzione della funzione dei legamenti, compensata dal ruolo
attivo dei muscoli posteriori. Il lavoro di intermittenza ha come risultato quello di valorizzare il
volume dei muscoli e la loro vasomotricità, pertanto i calciatori sviluppano muscoli ischio-crurali
voluminosi, robusti e corti per assicurarsi la stabilità del ginocchio(4).

La potenza è nulla senza controllo
La logica vorrebbe che prima di procedere ad un lavoro di potenziamento della muscolatura
anteriore (quadricipite) si iniziasse con un programma di allungamento globale della catena
muscolare posteriore.
Le catene muscolari rappresentano circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si
propagano le forze organizzatrici del corpo”(5). In pratica se devo allungare un elastico in modo
efficace devo tirare le due estremità. La catena muscolare posteriore parte dall’occipite per arrivare
al tendine d’Achille. Il muscolo quindi non va considerato un’entità isolata nel nostro corpo, ma è
legato ad altri muscoli in maniera inseparabile, pertanto un allungamento di una parte si ripercuote
inevitabilmente sull’altra.
Lavori analitici di stretching (esempio prima per il polpaccio, poi per il quadricipite, ecc.) non fanno
che mettere in evidenza (per chi possiede competenze specifiche) “compensi” da un’altra parte del
corpo, senza riuscire a modificare la “qualità” del muscolo.
Alcuni preparatori sono rimasti legati ad una concezione analitica del corpo come se lo stesso fosse
costituito da “mattoncini della Lego”: ogni parte indipendente dall’altra.
In anni passati la ginnastica tradizionale prevedeva esercizi “settoriali”: prima per gli arti inferiori,
poi per il pettorali, dorsali ecc.
A mio avviso questa impostazione ha dei grandi limiti che si evidenziano non solo quando il
calciatore riporta degli infortuni muscolari, ma anche nelle sue capacità motorie e tecniche (corsa e
tiro in modo particolare).
Nel mio ultimo volume(6) ho evidenziato come la muscolatura del calciatore si comporta in maniera
globale utilizzando le catene muscolari.
Per esempio nel tiro in porta si mettono in moto le cosiddette catene crociate (deputate ai movimenti
di torsione) che vengono in ogni caso sostenute ed aiutate dalle catene posteriori.
Il corpo umano utilizza tutte le sue componenti per ottimizzare il gesto tecnico esattamente come
una squadra che si muove simultaneamente in funzione della tattica che ha programmato.
Pertanto non ha molto senso aumentare il trofismo dei singoli muscoli attraverso le macchine per la
muscolazione (modello analitico), poiché i muscoli vengono coinvolti nel gesto tecnico in modo
assolutamente diverso (modello globale) da come vengono potenziati.

Calciare bene la palla
Nel lancio del giavellotto l’allenatore chiede costantemente all’atleta di portare il più possibile
dietro il braccio per ottimizzare la potenza del lancio.
Come ricordava Bosco(7) nell’atleta che calcia bene la palla vediamo che l’ultimo passo è quello più
lungo nella rincorsa. Infatti la gamba calciante viene portata dietro in modo evidente, mentre nella
fase finale del tiro la gamba viene portata avanti con un ottimo slancio e deve rimanere tesa.
Se durante il tiro riscontriamo frequentemente nei calciatori una semiflessione della gamba sulla
coscia (o un semipiegamento della gamba d’appoggio) questo denota non solo una rigidità dei
muscoli ischio-crurali, ma di tutta la catena posteriore (mettere una vostra foto di un atleta che
calcia).

Togliere “il freno” e mettere il “turbo”
Come dicevo in precedenza se voglio allungare efficacemente un elastico devo tirare alle 2
estremità. Nel corpo le due estremità sono l’occipite e i piedi. Pertanto un lavoro a squadra (vedi
foto) garantisce un allungamento più efficace poiché globale.
Questo “messa in tensione globale” non ha nulla a che vedere con lo stretching i cui limiti sono ben
evidenziati in letteratura scientifica(8).
La Ginnastica Posturale Globale prevede anche posture che vengono mantenute per 30 minuti,
quindi anche i tempi e l’intensità del lavoro sono sostanzialmente diversi.
Una sola seduta a settimana garantisce una progressione didattica efficace.
Ovviamente vista l’intensità del lavoro bisogna adottare una tecnica rigorosa che si adegui
all’esigenza del singolo atleta rispettandone le rigidità, ma anche la risposta (concetto di feed-back).
È il metodo che si adatta alla persona e non viceversa.

Non si tratta solo di prevenzione degli infortuni ma aumentare la potenza.
La scuola francese (Mézières, Souchard, Metodo delle 3 squadre ecc) nasce in contesti rieducativi,
tuttavia in questi 18 anni di lavoro di ginnastica posturale globale ho sperimentato come queste
tecniche possano incidere positivamente su atleti professionisti, ma anche del settore giovanile.
Ho voluto provocatoriamente scrivere che è necessario “togliere il freno a mano” poiché nessun
meccanico aumenterebbe la potenza del motore senza calcolare le resistenze e la capacità di
controllo dello stesso.
Gli infortuni muscolari e il top della prestazione (dal punto di vista fisico) sono a mio avviso da
evidenziarsi sulla stessa scala.
Lo zero corrisponde ad infortunio muscolare mentre il massimo rappresenta il top della condizione.
Il calciatore che durante una gara riporta una distrazione o uno stiramento ai muscoli (senza
contrasto con l’avversario) mentre compie uno scatto o un cambio di direzione, si colloca nella
scala più bassa.
Tuttavia gli atleti che non hanno mai subito infortuni muscolari non necessariamente sono al top
della condizione. La stragrande maggioranza (come evidenziano test di elasticità muscolare) si
colloca a metà della scala.
L’impossibilità di aumentare la capacità di accelerazione e del tiro in porta risiede, a mio avviso, nei
limiti dell’allenamento che predilige la contrazione concentrica (lavoro in accorciamento) a scapito
della “messa in tensione globale” (lavoro eccentrico della muscolatura).
Nessun allenatore manderebbe in campo un calciatore in evidente soprappeso, tuttavia si continua a
far giocare atleti con un elevato grado di rigidità muscolare (stiffness) che non solo sono a rischio di
infortunio, ma non sono preparati per ottenere la massima capacità di accelerazione e forza
esplosiva.
La capacità di accelerazione si collega alla capacità di calciare bene la palla e non sembra
necessitare di muscoli particolarmente “sviluppati”, in ogni caso delle retrazioni e/o degli
accorciamenti muscolari rappresentano dei limiti della capacità di corsa in accelerazione.

Conclusioni
Allenatori professionisti e preparatori continuano a ripetermi che bisogna cambiare la mentalità dei
calciatori ed aumentare i tempi di allenamento (vedi doppia seduta giornaliera).
Credo tuttavia che questa inversione di tendenza debba partire inizialmente dalla società (in quanto i
calciatori professionisti rappresentano un patrimonio) e dallo staff tecnico e medico.
Esame obiettivo e test di valutazione delle rigidità muscolari consentono di evidenziare già dal precampionato
i calciatori con elevati gradi di stiffness.
In realtà i muscoli posteriori non vanno considerati sempre e solo un freno. Nell’azione di tiro in
porta il quadricipite (o meglio la catena anteriore) rappresenta “l’agonista” mentre i muscoli
posteriori (o meglio la catena posteriore) rappresentano gli “antagonisti”.
“L’antagonista” quando è troppo contratto (rigido o retratto) rappresenta un limite, ma è solo la
punta dell’iceberg di un problema più ampio(9).
Dopo un lavoro di “messa in tensione globale” si ottiene un deciso allungamento (in termini di
lunghezza del muscolo) in questo modo i muscoli posteriori non rappresentano più un freno (non
sono veri e propri antagonisti) ma intervengono positivamente nel controllo del movimento e in
tutta l’azione motoria.
Un lavoro mirato e specifico di Ginnastica Posturale Globale (per piccoli gruppi omogenei)
contribuisce in modo determinante a migliorare la performance del calciatore

Note
1 Buzzi A.M.-Guidi Fabbri C. Le metodologie posturali in funzione educativa e rieducativa.
Armando editore Roma 1996.
2 Guidi Fabbri C. Le metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore. Ed. Calzetti-
Mariucci. Perugia 2005.
3 Guidi Fabbri C. Metodologie posturali nella preparazione fisica del calciatore. Notiziario Settore
Tecnico F.I.G.C. N. 3 Anno 2006.
4 Busquet L. Le catene muscolari vol. 1 Ed. Marrapese Roma 1991.
5 Busquet L. Le catene… op. cit.
6 Guidi Fabbri C. Le metodologie… op. cit.
7 Bosco C. Aspetti fisiologici della preparazione fisica del calciatore, SSS Roma 1995.
8 Herbert R.-Gabriel M. Effects of stretching before and after exercising on muscle soreness and
risk of injury: systematic review, British Medical Journal, 2002-325,468-470.
9 Guidi Fabbri C. Infortuni muscolari: la punta dell’iceberg. L’allenatore A.I.A.C. Nov-Dic. 2006